Inter, il rumore dei nemici
José Mourinho avrebbe parlato di rumore dei nemici. Ma José Mourinho è sulla panchina della Roma e all’Inter non sono più i tempi degli acquisti in pompa magna dopo le cessioni. Nell’agosto del 2009 se ne andava Ibrahimovic, ma arrivavano Milito, Thiago Motta, Sneijder, Lucio, Eto’o. Quest’anno, dopo le partenze di Hakimi e Lukaku, i nomi degli arrivi sono meno altisonanti ma – al momento – piuttosto efficaci. Il rumore dei nemici c’è sempre ed è normale quando ci si presenta ai nastri di partenza con il tricolore sul petto. Prima del poker al Genoa e della vittoria a Verona il plotone di esecuzione era già pronto con tutta l’artiglieria pesante.
Inter depotenziata, Juventus che torna ai fasti di tre anni fa con Allegri di nuovo in panchina, era il mood ferragostano. Poi ci ha pensato Cristiano Ronaldo a movimentare un po’ tutto: il portoghese ha imitato Lukaku, direzione Manchester United, mentre l’Inter di Simone Inzaghi polverizzava il Genoa e vinceva in bello stile a Verona. E allora ecco che i nerazzurri possono gonfiare di nuovo il petto sul quale è cucito lo scudetto, anche se è estremamente presto per qualsiasi valutazione.
Che Inter è quella di oggi? Sicuramente il dna di Antonio Conte è ancora lì, tutto da vedere. E’ evidente nell’impostazione di una squadra alla quale Conte ha dato automatismi preziosissimi: i tre di difesa, i cambi di gioco, gli esterni alti, Brozovic a dirigere il traffico, Barella che si inserisce. Cambia qualcosa in attacco, dove non c’è più la potenza devastante di Lukaku: Dzeko, anni e forma permettendo, è un ottimo rimpiazzo ma il vero salto di qualità è atteso quest’anno da Lautaro Martinez. Il Toro, dopo due anni da “spalla” di Lukaku, è chiamato a diventare il trascinatore dell’Inter, in termini di gioco, gol e personalità. Ha esordito con il botto il Tucu Correa, in stile Alvaro Recoba alla prima contro il Brescia e Giampaolo Pazzini all’esordio contro il Palermo. Una doppietta, quella dell’argentino, che si spera di buon auspicio soprattutto in chiave realizzativa: per diventare un pilastro dell’Inter, Correa deve alzare necessariamente la propria media realizzativa.
Un pensiero a Marotta e alla dirigenza, prima vittime sacrificali del bisogno di soldi freschi della società, poi geni di un mercato in cui sono stati capaci di incassare tantissimo e di piazzare i colpi giusti spendendo pochissimo: l’equilibrio, in questo senso, è il miglior alleato di chi vuole guardare al futuro con fiducia. Stiamo calmi, partita dopo partita, consapevoli che nonostante tante polemiche l’Inter c’è.