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Esame superato: genesi del ciclo in nero e azzurro ( di “corto muso”)

Nerazzurri, 10 e lode

Va pur detto che non era certo la Juve più imbattibile della sua storia e le ragioni sono abbastanza intuitive: assenze all’appello, gioco che latita da inizio stagione, idee annebbiate e solo sbiaditi ricordi della ferocia che fu. Ma lo sport insegna che sottovalutare l’avversario, per quanto rabberciato appaia, non è mai una buona idea. Non lo ha fatto l’Inter, meno di lei poteva permettersi il lusso di farlo la Juve, apparsa al “Meazza” col vestito da nobile provinciale che Allegri le ha sapientemente cucito addosso e che ( il dubbio pare lecito) è forse una delle concause delle difficoltà patite dai bianconeri.

Il copione recitato dalla formazione del coriaceo Max è sembrato lo stesso di sempre: squadra attendista e arroccata nella propria metà campo e se poi capita la palla giusta, Dio vedrà e provvederà. E fino a un certo verso, diciamo pure che aveva provveduto. Vero come è vero che la prova offerta dall’Inter non si ricorderà, probabilmente, tra quelle indimenticabili della stagione degli uomini guidati dall’Inzaghi jr ed è forse proprio questo aspetto che deve aprire a una riflessione: se l’Inter ha definitivamente appreso “l’arte del saper vincere” senza necessariamente brillare ( in puro stile “corto muso” di Allegriana memoria), possiamo forse affermare che sia alle porte l’inizio di un ciclo vincente?

La risposta sembra essere affermativa. Rivali credibili non pare di scorgerne all’orizzonte, almeno lungo tutto lo Stivale. Tra chi ha investito su “minestre riscaldate”, chi è ancora zeppo di giovani di belle speranze, chi perde distrattamente il capitano per strada, c’è una squadra che ha imparato quanto sia bello vincere anche quando si è brutti. E allora in barba all’estetica ( che pure Inzaghi ha riportato in casa Inter), è stata sufficiente la grinta del mai domo Matteo Darmian e lo zampino di Alexis Sanchez per portare la Supercoppa all’ombra della Madonnina.

Bonucci non vedeva l’ora di calciare un calcio di rigore, ma da come minaccia a bordo campo, si ha seri dubbi che sia un signore ( De Gregori ci perdonerà ma l’occasione per rimare era troppo ghiotta). Leo nazionale si infuria, l’1-1 sembrava ineluttabile. Peccato. Il ragazzo con la numero 7 che viene dal Cile non era d’accordo per niente

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