Al Corriere dello Sport ha parlato Marko Arnautovic, attaccante del Bologna ed ex giocatore dell’Inter. Il calciatore ha ricordato poi l’esperienza in nerazzurro.
Questo le sue parole:
“Nel calcio devi sempre avere fame, ti serve, perché se non hai fame non puoi mangiare, se non senti qualcosa qui, nello stomaco, allora è inutile giocare. Facciamo tutto per Sinisa. E questo rafforza l’energia. Anche dopo tante partite, anche con la stanchezza addosso. Ho parlato tante volte con lui. Ma io non ho mai detto niente, ho solo ascoltato. Quando parla Sinisa ascoltano tutti, noi lo guardiamo in faccia. Sai che non sta affrontando una cosa facile, ma lui ti fa vedere che è ancora positivo, che ha molta energia, ragazzi dai, dai, ne vengo fuori, non vi preoccupate. Dobbiamo essere undici Sinisa in campo. Anzi, non undici: ventidue. Tutto lo stadio”.
È la stagione che si aspettava?
“Volevamo stare nella parte sinistra della classifica, questo era il nostro target. Ora siamo a destra e non penso arriveremo di là. Vogliamo rimanere dove siamo”.
Ha seguito i consigli di Sinisa? Ha sempre detto che deve segnare di più.
“È normale voler fare gol, tutti gli attaccanti lo vogliono fare. Ma io voglio anche aiutare i miei compagni, la squadra. Non sono mai stato uno a cui piace fare tutto da solo. Dico sempre: gioco per la squadra, non gioco per Arnautovic. Perché a me piace giocare. E Sinisa lo sa, poi lui è più felice quando faccio gol. Adesso voglio vincere. Quando faccio un gol è bello, quando faccio un assist è bello come fare un gol. E quando vinciamo io sono felice. Da ragazzo non ero così”.
Se avesse la testa di oggi, avrebbe potuto fare di più?
“Me lo dicono tutti, anche la mia famiglia. Ma io non devo pensare al passato, devo guardare avanti, al futuro. L’Arnautovic dell’Inter e quello di oggi sono diversi, è un altro mondo. Mi hanno cambiato tante cose: le mie figlie, la mia famiglia, mia moglie. Mia moglie ha lavorato tanto con me. All’inizio della nostra storia avevo la testa di un bambino, volevo uscire, stare con gli amici, con mio fratello. Lei diceva sempre: “Marko devi cambiare, cambiare, cambiare”. Lo diceva in maniera positiva. È difficile da spiegare, ma a diciannove anni io non potevo essere dove sono adesso, qui, in una sala stampa, con voi, così. Pensavo che a me non mi frega un cazzo di chi siete voi. No. Adesso ho molto rispetto di tutti. Tu fai al cento per cento il tuo lavoro, e ho molto rispetto per questa cosa”.
Si è preso una rivincita?
“Dopo l’Inter ero andato in Germania. Lì è stato tutto un po’ come sulle montagne russe. Ma quando me ne sono andato dall’Italia ho sempre detto alla mia famiglia: ci torno, e faccio vedere quello che posso fare. Si può fare sempre meglio. Non c’è un limite”.
Che generazione è questa?
“Sono più professionisti rispetto a prima. All’Inter non sono stato professionista. Facevo allenamento per finire il prima possibile. E poi lo sai come si vive a Milano, sì? Sei giovane, hai un buon contratto, stai nell’Inter, ti conoscono tutti. Non è facile. Ma devo dire la verità: i nostri ragazzi sono molto professionali. Allenamento, palestra, mangiano bene, non vanno in giro”.